Fra gli effetti più diffusi nel nostro Paese della turbolenza politico-sociale ed economica che ha investito il mondo farmacia negli ultimi 15 anni, vi è la maturata consapevolezza di molti titolari dell’importanza del ruolo assunto dal “format strutturale” (parlo di spazi espositivi, di visual merchandising, di category management) poiché questi ultimi hanno compreso che sempre più “l’abito fa il monaco” e che la possibilità di accogliere il cliente in una location pulita, luminosa, aggiornata, costituisce il primo e più importante “biglietto da visita” dell’esperienza percettiva del cliente-paziente moderno, decisamente più attento e sensibile all’argomento, e tutto questo con buona pace degli esperti del settore- dagli architetti, ai designer, agli esperti di comunicazione digitale- che hanno riscontrato- ed ancora riscontrano- grande interesse e curiosità da parte della categoria dei farmacisti verso una materia neo nata nel mondo della salute.
La maturazione di tale attenzione si è sostanziata per molti nella decisione di trasferire la farmacia, di ampliare o migliorare la superficie espositiva fino ad arrivare all’implementazione di nuovi spazi dedicati alla cabina estetica come al centro servizi.
Ma perché si investe cosi tanta energia, e soprattutto denaro, in questa direzione?
La risposta è ovvia: per diventare più visibili ed appetibili sul mercato innanzitutto in termini tangibili, o ancor meglio percettivi.
La visibilità, appunto. Ma cos’è?
È la possibilità di percepire e distinguere, più o meno chiaramente, gli oggetti, sia nell’ambiente circostante sia attraverso un mezzo trasparente o diafano; nell’uno e nell’altro caso, la visibilità è per lo più limitata dal potere visivo dell’occhio, dalle condizioni di illuminazione dell’ambiente, dall’esistenza di ostacoli, dalle condizioni atmosferiche.
Così il Vocabolario Treccani della Lingua Italiana, che mette ben in evidenza il legame, forte e delicato insieme, che sussiste fra chi osserva e le condizioni esterne, che evidentemente possono favorire od alterare tale processo.
Soffermiamoci su alcuni concetti chiave contenuti in questa definizione, e proviamo a tradurli nel vissuto quotidiano della farmacia.
La visibilità è possibilità di percepire e distinguere, a significare che la qualità percepita è di fatto più rilevante di quella reale, perché l’occhio distingue e seleziona ciò che attira la propria soggettività ed affinità. E qui la domanda sorge inevitabile: come possiamo migliorare e potenziare la qualità percepita? Come possono i collaboratori, fautori e promotori di percezioni assonanti o dissonanti, potenziare la qualità percepita?
Magari ponendo attenzione al potere del sorriso, stimolando curiosità verso il cliente, dimostrando convinzione professionale nella proposta, allenando vera empatia verso i bisogni inespressi del paziente, rappresentando per quest’ultimo un riferimento stabile.
La visibilità è condizionata dal potere visivo dell’occhio, e l’occhio seleziona e valuta. Ed allora, cosa ci piace vedere di noi stessi, della nostra professione, della qualità del gruppo che possa essere rivisto, corretto e potenziato per migliorare l’aria che tira in farmacia? Come si fa? Fissando momenti di confronto interno dove “mettiamo sul piatto” cosa funziona e cosa no in farmacia per definire azioni operative di miglioramento dagli aspetti organizzativi, a quelli gestionali a quelli professionali.
La visibilità è limitata dall’esistenza di ostacoli, a significare che non esiste visibilità senza capacità di superare gli ostacoli, e questi ultimi sono direttamente proporzionali all’intenzione di un individuo, come di un gruppo, di saper osare. E quindi, da titolare o da collaboratore, provare a chiedersi quanto davvero si stia osando in un momento in cui in molti cercano di difendere l’orticello, sperando che il capitale privato non ci faccia troppo male, rende visibile l’unicità della farmacia. Urge definire la propria idea di business per i prossimi anni, condividerla con i propri collaboratori fissando un chiaro schema di azione per ottenerla.
Il professor Gerhard Roth, neurofisiologo di fama mondiale dell’Università di Brema, sostiene che noi esseri umani “svolgiamo automaticamente più dell’80% delle nostre azioni, in quanto il cervello adora trasformare ogni nostro comportamento in routine, perché pensare costa fatica. Le routine aiutano il nostro organo pensante a risparmiare energia e a minimizzare i rischi.”.
Tradotto in parole semplici significa che la visibilità tangibile, seppur necessaria, ha dei tempi di assorbimento da parte della mente umana molto contenuti nel tempo (in sostanza un titolare dovrebbe ristrutturare la farmacia ogni anno!) ragion per cui è l’attenzione di quest’ultimo a saper uniformare gli standard relazionali, professionali, organizzativo-gestionali a quelli strutturali, l’elemento di potenziamento e di evoluzione della “farmacia nuova e bella”, perché l’utente finale se è dal tangibile che rimane colpito, è dall’intangibile che rimane estasiato, ed è la loro felice combinazione a rappresentare la migliore via alla differenziazione sul mercato.
La più grande minaccia dei prossimi anni? Una farmacia 5.0, tecnologicamente avanzata, umanamente spenta.
Una sfida da raccogliere e da vincere. Ne va del benessere di tutti: farmacisti e pazienti.
Michele Ciccolella