L’antico proverbio romano (il denaro non ha odore) ricorda che il denaro, in generale, non è “buono o cattivo” ma lo diventa relativamente all’uso che se ne fa ed ai fini per i quali viene impiegato.
Nel mio peregrinare per l’Italia, uno dei temi caldi spesso disquisito con i titolari di farmacia è se “incentivare economicamente i collaboratori” faccia bene o male alla causa in termini professionali come economici, preoccupati- in sostanza- da tre grandi dilemmi: il primo, meramente formale (ma il mio collaboratore non dovrebbe impegnarsi autonomamente grazie allo stipendio che riceve?), il secondo gestionale (ma non c’è il rischio di creare stress e tensione nella squadra pur di guadagnare un euro in più?), il terzo più nobilmente professionale (ma non c’è il rischio che vengano proposti prodotti e servizi non necessari a soddisfare la domanda di salute del paziente?).
Dubbi legittimi spesso avvalorati anche da esperienze inquietanti di incentivazione (talvolta anche proposte dalle stesse aziende fornitrici) che hanno piuttosto alterato e confuso la squadra che aiutato a preservare la professione ed i suoi risultati, motivo per il quale cui la conseguenza è stata quella di sopprimere completamente il piano incentivante, oppure renderlo il regalo di Natale devoluto dal buon cuore del titolare o- ancor peggio- una somma “fuori busta” ricevuta non come conseguenza di un risultato straordinario ma come “premio fedeltà alla causa” (…il che, francamente, è anche peggio!)
Proviamo quindi a dipanare la matassa, ponendoci alcuni interrogativi e tentando di fornire più che risposte certe, almeno delle linee guida.
Ricordo- per un singolare collegamento mentale- quello che diceva Maya Angelou (poetessa, scrittrice e ballerina americana) quando dichiarava: La mia missione nella vita non è semplicemente sopravvivere ma crescere, e farlo con passione, compassione, umorismo e stile.
Cosa di fatto retribuisce lo stipendio? La sopravvivenza o la passione?
Credo proprio la prima!
La passione nasce da sfide possenti, da obiettivi ambiziosi, da investimenti di energia e tempo straordinari, da condivisioni di squadra; quando un essere umano attiva queste leve- ed in termini amplificati lo fa un gruppo- un sistema premiante diventa non causa ma effetto, non presupposto ma conseguenza di passione e stile.
Proviamo quindi- complice l’esperienza di questi anni in cui ho sviluppato molteplici soluzioni premianti adattandoli allo status della singola farmacia- a definire alcune priorità nella costituzione di un sistema premiante.
1. Definire uno stile di consulenza al banco: prima la professionalità e poi i numeri! Formare i collaboratori in termini tecnici come consulenziali è fondamentale perché questi diventino abili a comunicare, intercettando quella domanda di salute e benessere implicita ma spesso inespressa dal cliente, che un empatico consulente deve essere in grado di cogliere.
2. Definire- in base agli interessi personali e professionali del singolo collaboratore- i responsabili dei reparti caratterizzanti la farmacia: ogni farmacia, come ogni titolare che la governa, ha delle sue peculiarità anche in termini di reparti e servizi caratterizzanti! Incrociare interessi professionali con la specificità dei reparti presenti (affidare ad un collaboratore podista il reparto dell’integrazione sportiva o ad uno amante degli “amici pelosi” la veterinaria) rappresenta un modo funzionale ad orientare e potenziare le proprie abilità; il responsabile, infatti, non è il “monarca assoluto” ma colui che pensa, programma e condivide la gestione del reparto con i colleghi.
3. Definire i livelli quantum di produzione: non c’è crescita senza obiettivi predefiniti! Stabilire, in base alle caratteristiche della farmacia, i livelli di base della produzione attesa mensilmente, aiuta la squadra nella programmazione dei reparti e nel controllo delle referenze presenti.
4. Definire la percentuale che si vuole destinare all’incentivo, tenendo conto del superamento del livello quantum: bisogna superare l’asticella se si vuol vincere la medaglia d’oro! Una volta definito il livello di produzione atteso (sarà fondamentale tener conto dei risultati pregressi, del valore del magazzino, dei costi fissi e variabili della struttura) si individua, in termini percentuali, il valore monetario sul differenziale da riconoscere alla squadra perché tutti contribuiscano armonicamente alla crescita.
5. Raccogliere l’incentivo in un “salvadanaio” e suddividerlo fra la squadra presente: si è squadra sempre, nella buona come nella cattiva sorte! Il piano incentivante non deve creare i primi della classe o i “Pierini guastafeste” ma favorire uno spirito solidaristico che premi in modo univoco il contributo fornito dai singoli; in tal senso sarà fondamentale la distribuzione dell’incentivo.
La competizione interna è leva delicata e complessa, motivante e stressante insieme; ma sarà malsana laddove “mette alla gogna” chi fa fatica rispetto al celebrare il campione, ed è invece sana e coinvolgente se aiuta tutti a dare il meglio di sé e delle proprie abilità nel rispetto dello spirito di gruppo; questo significa creare dinamismo e vivacità che “bonifica l’aria che tira” dagli atteggiamenti virulenti di giustificazione ad oltranza delle scarse performance come dalle noiose routine quotidiane che sviliscono la passione come la compassione verso se stessi ed il prossimo.
Non è importante incentivare e motivare in modo perfetto; è importante provarci con stile e sano umorismo!
Michele Ciccolella